BANGKOK, Thailandia, 17 Marzo 2015

Qualche giorno fa ho lasciato Koh Phangan, in parte dispiaciuta, ma non vedevo l’ora di risalire verso il nord.

Il taxi mi porta al porto internazionale di Thong Sala, che non si può definire proprio moderno… la biglietteria è un gabbiotto che sta in piedi per miracolo, la zona ristoranti una riga di carretti ambulanti di fritti, succhi e inquietanti cose che non posso credere siano commestibili, piazzati al sole lungo la banchina di attracco.
La sala di aspetto una tettoia senza pareti, con le sedie più sporche che io abbia mai visto, ovviamente insufficienti per i tanti viaggiatori in attesa che pian piano si accumulano ed iniziano a sedersi per terra.

Faccio il check in, mi appiccicano addosso due adesivi colorati che indicano la mia destinazione e sembro appena uscita dalla discoteca. 

Tra la folla di persone in infradito e abitini inesistenti che già so, vedrò tremare nella terrificante aria condizionata del Ferry e del bus, vedo una ragazza vestita esattamente come me, secondo la sapiente e antica saggezza europea:
jeans leggeri, canotta, felpa in vita e scarpe da ginnastica. Solita tenuta da battaglia insomma.

Siamo le uniche abbigliate così. Le cose sono due, o è italiana o… 
... Maria, di Madrid, e certo! Prima o poi tutti conoscono una Maria di Madrid e oggi è arrivato il mio momento, è quasi un passo iniziatico che, sono certa, mi stia consacrando a cittadina del mondo, sono pronta!.

Ovviamente facciamo subito comunella, saliamo sulla nave, che invece di 3 ore ne impiega 5, invece che portarci sulla terra ferma a Surat Thani come scritto nel biglietto, ci porta a Chumphon. E il bus notturno (allestito più assurdo che mai con tende verdi da letto a baldacchino e un’intera fioriera che prende tutto il vetro davanti, ma perché???) invece di farci arrivare a Bangkok alle 6.30 del mattino ci scarica nel pieno della notte, alle 3.30. 
Tutto regolare. 
Non sai come, non sai che strada farai, sai solo che prima o poi arrivi.

Troviamo una stanza che, non si capisce come, decidiamo di dividere, si vede che la mia anima proprio non è pronta a lasciare andare gli altri.
Dopo una breve notte di sonno, iniziamo a girare per la zona di Kao San Road e Rambuttri village e, forse per il meraviglioso e tranquillissimo effetto sedante di Koh Phangan, (non ne potevo più), o forse come conseguenza del digiuno non lo so, guardo queste incasinatissime, sporchissime e puzzolenti strade... e me ne innamoro. 

Così. 
A tradimento.

Improvvisamente non mi sembrano così brutte, così sporche, così rumorose. L’odore dei fritti, le urla dei venditori, le bancarelle che vendono insetti, la musica dei bar per turisti, i massaggiatori che cercano di buttarti sulle poltrone per i massaggi ai piedi che spuntano ovunque come aiuole… amo tutto, tutto mi mancava e non lo sapevo. Ora si mi sento davvero sazia, non era dal cibo che stavo digiunando, ma dalla vita.

Maria è una compagna davvero piacevole per le poche ore che passiamo insieme prima della sua partenza per tornare a casa.

Cambiamo guest house (che sono le pensioni economiche di cui la Thailandia è piena). Andiamo a chiedere nel luogo dove solitamente mi appoggio e per fortuna hanno una stanza.
New Joe Guest house, in un piccolo vicolo parallelo a Kao San Road, lontano dal rumore ma vicinissima alla vita. Questo è stato il primo luogo in cui ho dormito 8 anni fa nel mio primo viaggio in Thailandia e l'ho adorato subito.

Non si può dire che le stanze siano accoglienti, anzi, veramente basiche, letto, un comodino, nessun armadio, un bagno piccolissimo senza piatto per la doccia quindi la doccia diventa il bagno intero (qui è normale così). 
Tutta la struttura è vecchia, la manutenzione sembra essere un concetto astratto, ma ha all’ingresso un delizioso ristorante tranquillo, immerso nelle piante, molto fresco, con ottimi piatti e quel gusto del viaggio che, come in ogni luogo magico non ti sai spiegare, ma ti si appiccica addosso e da quel momento non te lo togli più. 
Quindi, nonostante sia veramente spartana, non posso che consigliarla con il cuore.

Maria è partita, ma visto questo rinnovato e inaspettato amore per la città, avendola sempre usata come luogo di transito ma mai visitata, decido di fare la turista e restare per qualche giorno.
Voglio visitare il Tempio Wat Po, non è lontano dalla zona in cui mi trovo quindi decido di andare a piedi. Sotto il già cocente sole delle 10.00, ho la terribile leggerezza di chiedere la direzione ad un taxista...

... Mai mai mai! Mai chiedere info ai thailandesi a Bangkok, nemmeno a quelli che sembrano ingenui passanti, ti manderanno di sicuro nella direzione sbagliata, oppure ti diranno che il luogo in cui vuoi andare è chiuso per qualche strana ricorrenza, ma aprirà nel pomeriggio, e tutto questo per costringerti ad affidarti ai taxi o ai tuk tuk. Li odio. Giuro! Questa cosa proprio non riuscirò mai ad ingoiarla.

Comunque, dopo aver sbagliato strada un po’ di volte a causa delle fantasiose informazioni che ricevo, finalmente arrivo al tempio aggregandomi ad una coppia italiana, Dio ti ringrazio, buon sangue non mente! E in questo caso non è solo un modo di dire!

Wat Po è un  famosissimo tempio e la scuola di massaggi più antica della Thailandia. All’interno si trova il Buddha sdraiato, prende tutta la lunghezza del tempio per 48 m e 15 di altezza. Devo dire che toglie il fiato talmente è maestoso.

Come sempre entrare nei templi mi riempie l’anima di pace, il fresco che c’è all’interno con tutte le pareti spalancate, i piedi scalzi a contatto con il pavimento e i tappeti, l’odore di incenso, le preghiere dei monaci in sottofondo e il vociferare leggero dei turisti.
Qui c'è l'usanza che una donazione di 20 baht (circa 50 centesimi di Euro), te la cambiano con decine di monetine, ci si mette in fila e una monetina alla volta viene inserita in una riga di ciotole, immagino recitando preghiere o richieste. Io nel dubbio ripeto un grazie per ogni monetina, che non guasta mai.
Vorrei vedere altro, ma fa davvero un caldo insopportabile.

Alla sera giro un po’ per le vie e di nuovo rimango sorpresa da come la mia percezione dell’ambiente sia cambiata. Mi sembra tutto così interessante, piacevole, accogliente. I ristoranti sono semplici e pieni di lucine che sembrano addobbi di natale, locali un po’ più moderni si affiancano a tavolini improvvisati intorno ai carretti degli ambulanti, che fanno i cibi più invitanti e più buoni. Almeno quelli che riesco ad identificare e che non sembrano essere "cose" che saltano o strisciano...

Ma come si fa a descrivere? 
Quello che si percepisce nell’aria, quello che si vede e quello che invece, trasparente, ti attraversa come la carezza di un angelo?
No non si può. Se uno non viene qui a vedere con i suoi occhi, ad annusare, ad ascoltare, non saprà mai quanto pieni possano essere i sensi, quanto nutrita può essere l’anima.

Mi siedo in un piccolo ristorante, il menù è così logoro che quasi non riesco a leggere, il tavolo si muove così tanto che devo restare immobile sennò cado con lui. Ordino un meraviglioso curry, perchè dopo il digiuno l'altra novità è che improvvisamente amo la cucina thai che prima detestavo.
E osservo... 

Le persone che passeggiano. 
I turisti con le gambe ancora bianche.
I thai che passano a piedi o in bicicletta. 
Le lucine. 
Le bancarelle. 
Il tempo sembra quasi rallentare.

I gestori del ristorante giocano con i loro bimbi, perché qui tutta la vita si svolge insieme, non esiste separazione tra casa, ristorante e famiglia. Stanno tutti insieme sempre, quindi mentre mangi è normale vedere la famigliola che fa le sue cose domestiche, vestiti in pigiama, con le moto parcheggiate dentro al ristorante, la figlia che si fa la tinta ai capelli, i bimbi che giocano o guardano la tv, gli animali domestici e non, che girano in cucina e sotto la tua sedia. 

Ed è normale così. È perfetto così. Tutta la vita in un istante. 

Tutta la realtà che normalmente uno tiene per sé nell’intimità delle mura domestiche, qui ti viene sbattuta in faccia.

Guardo i bimbi del ristorante, piccolissimi, di pochi mesi o anni ciascuno, che giocano e ridono e cadono. I genitori un po’ guardano loro, un po’ il gatto, un po’ la cottura del mio curry. 

Poi con l’occhio della mente guardo me stessa, lontana dalla vita che chiamo realtà e che conosco da sempre, da sola, immersa in questo strano, stravagante, inebriante momento e mi sento commossa. 

Grazie Dio. 
Grazie Geo. 

Sorrido.  




Per vedere tutte le foto di Kao San Road clicca qui: ALBUM
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